Trump 2.0: l’emergere di un’elite anti-elite nella politica USA

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Una rappresentazione di un paesaggio politico contemporaneo con simboli di più potere e sfondo di architettura moderna.

Il nuovo volto della politica americana in evoluzione.

L’ascesa di un’elite “anti-elite” nella politica americana è sempre più evidente. Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, si trova circondato da politici e funzionari che non solo ricalcano il suo stile, ma che sono stati scelti principalmente per la loro lealtà politica. Sebbene uno dei suoi promessi in campagna fosse quello di rovesciare gli “elite corrotti” che affollano l’arena politica americana, il suo secondo mandato sembra più che altro puntare a promuovere una nuova elite, o certa elite che gli è devota. Qui si parla di un cambio di paradigma, dove il supporto di alcuni membri della stampa e la propaganda popolare venire a pugni con una visione ambiziosa per trasformare il governo federale under la guida Trump.

Un’elite ostile si muove contro il liberalismo.

Questo non è solo un gioco politico; è una lotta tra lealtà e ideologia. La rielezione di Trump, in un clima di crescente ostilità post-elettorale e con la schiera di tycoons della tecnologia che influenzano la comunicazione politica, segna un chiaro rifiuto dell’elitismo democratico. Nonostante le critiche, si fa strada un’idea radicale: l’elite che difende Trump non si oppone all’elitismo in sé, ma attacca un’elite specifica, quella legata al liberalismo e che si considera staccata dal popolo. In questa ottica, la retorica anti-elite viene strumentalizzata da coloro che una volta definivano “il problema”.

Le varie correnti di un’elite omogenea.

In un aspetto più amplio, ci si domanda se davvero stiamo assistendo alla creazione di una “Muskoligarchia”, con magnati come Elon Musk in prima linea. Allo stesso tempo, però, c’è chi avverte sul diverso livello di eterogeneità tra i nuovi membri di questa elite, che pur sembrando coesa, è unita da una temporanea lealtà a Trump. Quello che possiamo vedere è un’agenda comune, alla ricerca di eliminare dal governo federale l’influenza dei cosiddetti “insider” democratici. Da Ronald Reagan a oggi, c’è una forte continuità in questo pensiero, che accusa il governo di essere parte del problema, piuttosto che la soluzione.

Rivoluzione o finzione: l’avvenire dell’elitismo.

Il piano dei cosiddetti “anti-elite” non si ferma qui. In effetti, vogliono non solo ridurre la dimensione dello stato, ma anche ridefinirlo secondo le loro ideologie. Progetti come il “Project 2025” mirano a garantire che la lealtà politica diventi un requisito per i funzionari federali. Non è una novità, dato che già alla fine del suo primo mandato, Trump aveva tentato di destituire impiegati giudicati “dissenzienti”. Venendo rieletti, le cose potrebbero tornare a crescere verso un’ulteriore de-costruzione dell’elitismo democratico, trasformandolo in un elitismo populista con effetti forse ancora più duraturi.

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